
βProvo a far emergere ciΓ² che Γ¨ difficile esprimereβ
Si definisce una βcantastorieβ, Maria Jole Serreli. Potremmo ribattezzarla una βincantastorieβ. Le sue performance stupiscono il pubblico, lo coinvolgono, lo rapiscono. Lo incantano, appunto. Il racconto, la storia, si fanno canto e incanto. Lβultima performance dellβartista, nata a Roma ma cresciuta in Sardegna, Γ¨ andata in scena a Cardinale (Catanzaro), ed Γ¨ stato uno dei momenti piΓΉ intensi della terza edizione del festival nβTramenti. Scalza, accompagnata da una sedia, con un incedere solenne, quasi mistico, Serreli ha attraversato il paese raccogliendo dal pubblico diversi tipi di oggetti: un cuscino, un centrino fatto a mano, una fotografia, una pignata di terracotta, piatti decorati, immagini religiose, un mattone, un ferro di cavallo. Pezzi della quotidianitΓ di Cardinale, piccole memorie di famiglia. Nel cuore della Calabria piΓΉ autentica, Serreli ha cosΓ¬ realizzato unβopera, legando con lo spago i ricordi che la gente le ha consegnato quando si Γ¨ fermata in piazza. La sedia cosΓ¬ Γ¨ diventata la base dellβopera, che il festival – come da tradizione – ha lasciato in ereditΓ al paese che lo ha ospitato.
La sedia vuota rappresenta chi cβera e adesso non cβΓ¨ piΓΉ. Il suo riempiersi di ricordi, rende la sedia uguale ad una valigia, che si prepara in vista di una partenza, ha spiegato Serreli, andando al cuore della sua performance.
βHo immaginato lβidea del viaggio, della valigia, usando la metafora della sedia, perchΓ© rappresenta quellβambiente domestico di convivialitΓ , viene utilizzata nel momento della riflessione, del pranzo e della cena con la famiglia, per un ospite. Tutti questi oggetti, diversi tra loro, vengono contenuti, assemblati allβinterno di questa sedia. Diventa cosΓ¬ unβopera scultorea che custodisce elementi di memoria e di vita domestica, che rappresentano il territorio, gli affetti cari che non ci sono piΓΉβ spiega ancora lβartista.
Non Γ¨ un oggetto qualunque, la sedia. Negli ultimi dieci anni, Serreli lβha sempre utilizzata per il suo lavoro artistico. In Sardegna le Γ¨ stata anche dedicata una grande personale, βA casa mia avevo tre sedieβ (Cagliari, 2020), che cita un passo del filosofo e scrittore Henry David Thoreau. Nelle sue performance, gli oggetti βprendono vitaβ, accentuano i loro significati, diventano protagonisti della memoria. βΓ un progetto nato intorno al 2014, perchΓ© ho ereditato la casa di una mia prozia, che Γ¨ stata la mia seconda mamma, la donna che mi ha cresciuta. Per scelta ho deciso di intervenire su tutti gli oggetti che erano custoditi in quella casa, trasfigurandoli e facendoli diventare opere dβarte. Ho raccontato le memorie della mia famiglia attraverso questi oggettiβ. Da qui Γ¨ partita una ricerca, prima strettamente personale, perchΓ© raccontavo gli affetti della mia vita. Poi, andando avanti, mi sono resa conto che quelle memorie non erano soltanto mie ma appartenevano ad ognuno di noi. Γ stato illuminante osservare persone di tutte le etΓ , che quando venivano a contatto con un determinato oggetto trasfigurato, provavano emozione per i ricordi che riaffioravano. Vivere le emozioni delle persone mi ha dato una grande gratificazione personale. E lΓ¬ ho capito che il mio ruolo era quello di raccontare storie, persone, luoghi, in tutto il mondo. Ed Γ¨ per questo motivo che preferisco definirmi una cantastorieβ sottolinea lβartista.
Ma qual Γ¨ il percorso di Serreli? La naturale predisposizione allβarte Γ¨ affiorata prestissimo, nella quarantanovenne artista sarda, esprimendosi poi in modo multidisciplinare, dalla poesia allβarte performativa. E considera lβarte come un dono, come qualcosa da lasciare, non come una competizione.
βHo iniziato a disegnare da piccolissima. Non vengo da una famiglia benestante. I miei genitori non potevano acquistare tanti giocattoli, quando io e le mie sorelle eravamo piccole. Mi annoiavo, avevo 4 anni. CosΓ¬ mia madre apriva i pacchi di cartone della pasta, mi metteva davanti una rivista e una matita in mano e mi diceva di copiare i disegni. Quando ho capito che quello che facevo mi piaceva e aveva un senso, grazie anche agli insegnanti delle scuole elementari, sono andata avanti e non mi sono mai fermata. A 17 anni ho iniziato a esporre, adesso ne ho quasi 50β racconta lβartista, che sottolinea di aver βiniziato con la pittura e lβarte figurativa. Poi, con il tempo, mi sono avvicinata alla materia e ho iniziato a modellare lβargilla e a realizzare lavori in basalto e marmo. Ho avuto la fortuna di partecipare a numerose residenze dβartista. Non ho frequentato unβaccademia o un istituto dβarte. Ho incontrato bravi professori che mi hanno trasmesso tanto e in particolare un maestro. Io sono libera, sono realizzata da sola, ho preso coscienza di me e delle mie potenzialitΓ e so cosa voglio esprimere. Credo che lβarte deve essere una donazione, non una gara a chi Γ¨ piΓΉ bravo. Γ una missione quella dellβartista. Dobbiamo donare quel pensiero, attraverso la nostra arte, che le persone comuni non riescono ad esprimere e a renderlo universaleβ.
Il percorso artistico di Serreli non Γ¨ stato comunque nΓ© facile e neppure immediato. βDa giovanissima ho sofferto dellβansia di essere presa in considerazione dal mondo alto. Quando non ci pensavo piΓΉ Γ¨ arrivata la proposta di una galleria importante, la Grama Epsiolon di Atene. Io sono la piΓΉ giovane rispetto alle mie compagne di viaggio, pilastri dellβarte come Mariella Bentivoglio e Franca Sonnino. Ho capito che il mio percorso artistico aveva un significato. Io continuo a studiare e a evolvere. Molti collezionisti credono nel mio operato artistico e mi sostengonoβ sottolinea lβartista multidisciplinare.
Per Serreli, lβarte Γ¨ quindi un dono, conta se serve a lasciare una traccia. Tutta la vita degli uomini devβessere mossa da questo impegno: il ricordo di noi dopo la vita. βQuando ero piccola, una persona a me cara mi disse: βIo non ho avuto figli, quando morirΓ² non si ricorderΓ piΓΉ nessuno di me. Queste parole mi hanno fatto riflettere. Lβobiettivo era trovare un modo per ricordare. Non accettavo che milioni di essere umani, dopo la morte, non lasciassero un segno della loro presenza. Mi arrecava molta sofferenza. A cinque anni mi hanno spiegato che cosβΓ¨ la morte e che sarei diventata polvere: Γ¨ stato scioccante. Durante un laboratorio, una maestra mi ha detto che attraverso lβarte le persone non muoiono mai. Questo mi ha scatenato una curiositΓ a cui Γ¨ seguito uno studio finalizzato proprio a questo: fare in modo di lasciare una tracciaβ.
Serreli assegna allβarte un immenso valore, in grado di arricchire lβanimo e di curarlo. βMi sono resa conto che lβarte ha una grande forza, anche terapeutica in alcuni casi. E di comunicazione, per quanto riguarda la memoria da salvaguardare. Molto spesso gli artisti sono troppo legati alla tecnica e perdono di vista altro. A me non interessa dimostrare una grande capacitΓ tecnica, il mio bisogno Γ¨ quello di raccontare storie. Nella mia vita ho sempre avuto fretta, quindi ho cercato quelle metodiche che mi potessero far esprimere in maniera veloce e che mi facessero sentire libera. Non riesco a stare legata a canoni, discorsi commercialiβ sottolinea lβartista.
CβΓ¨ un evento personale che ha inciso in maniera significativa sul modo di guardare e raccontare il mondo. La sua malattia Γ¨ diventata la sua forza, dopo il comprensibile shock iniziale. βCirca 16 anni fa mi sono ammalata di alopecia universale. Allβimprovviso ho perso tutti i peli del corpo. Mentre facevo la doccia, un giorno, ho perso tutti i capelli. Γ stato traumatico, era difficile farsene una ragione. Per nove mesi mi sono rinchiusa in casa. Poi, il mio maestro Pinuccio Sciola mi ha invitato alla sua mostra. Γ stato lui a dirmi: βFai di questa tua debolezza la tua forza. Il modo lo troveraiβ. Quando mi sono resa conto che questa patologia era praticamente sconosciuta in Italia, ho preso contatto con unβassociazione ed Γ¨ nato un evento βNiente mi pettina meglio del ventoβ, che ho portato in giro per tutta lβItalia, con il coinvolgimento di tanti artisti che a modo loro hanno raccontato questa patologia. Questo progetto mi ha portato a fare il primo atto performativo, in un piccolo teatro di Milano, insieme allβattrice Noemi Medas” ricorda ancora Serreli. βHo capito che potevo usare questa sofferenza e disagio nel mondo dellβarte. Ho studiato le performer donne. Quella che mi piaceva di piΓΉ era Marina AbramoviΔ, di lei mi piace la forza comunicativa. Io ho cercato il mio modo di comunicare. Γ un momento in cui mi dono, mi racconto. Prima mi impegnavo solo a raccontare gli altri. Adesso ho unito le due cose ed Γ¨ un momento di libertΓ per me. Sono convinta che bisogna staccarsi dal canone di bellezza che sta distruggendo il mondo. Ci sono persone che lavorano per mettere da parte i soldi per poter modificare il proprio corpoβ riflette con amarezza lβartista. Γ stata la sua madrina, ancora una volta per motivi di salute, a far capire a Serreli lβimportanza della vita. βSi Γ¨ ammalata molto giovane di SLA. Γ stata molti anni in un letto, eppure le sue parole erano: sono felice che la natura mi ha voluto albero, almeno posso respirare e donare il mio respiro. Dobbiamo soffermarci sul nostro tempo. Pensare al presente, alle piccole cose. Lβatto performativo per me Γ¨ questo: la calma. La vita sembra lunghissima ma il tempo vola via. Non abbiamo lβinfinito tra le mani. Ci sono tante persone che per orgoglio tengono dentro la sofferenza e al primo abbraccio viene fuori. Attraverso lβarte bisogna donare questo abbraccio, per liberare le persone che non riescono a farlo da sole. Per far emergere sofferenze tenute dentro e non manifestateβ spiega ancora Serreli.
Dal punto di vista artistico, spesso capita che venga avvicinata alla figura di Maria Lai, artista sarda scomparsa nel 2013. Un accostamento, perΓ², che Serreli non trova corretto. βLβutilizzo della materia Γ¨ completamente diverso. Maria utilizzava il filo, il tessuto come metafora della parola, una forma di poesia visiva. Io invece non faccio altro che legare oggetti ad altri oggetti. Sono legami per preservare la memoria. Da parte mia cβΓ¨ anche uno studio di assemblaggio tra le materie. PiΓΉ tecnica, la poetica viene fuori dallβosservazione. Io cerco di creare dei progetti che toccano lβanima della persona. Per me Γ¨ fondamentale creare fuori un sentimento, il pathos ma anche la rabbia, la tristezza. Io non mi racconto attraverso la mia produzione artistica, io mi racconto attraverso lβatto performativoβ rimarca Serreli.
Con la Calabria, la regione che ha accolto la sua ultima performance, al festival βnTramenti, Serreli ha un rapporto molto intenso e particolare. E sono tante le tracce che ha giΓ lasciato qui. βQuesta Γ¨ la regione che in assoluto possiede piΓΉ di me. Ha tanti semi che mi appartengono. Dal museo Limen di Vibo Valentia, quello di Mendicino, il Mabos in Sila, Museo Arti e Mestieri di Cosenza. Ci sono state anche diverse esposizioni a Pizzo e una collaborazione con i ragazzi di San Floro del Nido di Setaβ.
Con la sua arte Maria Jole aspira ad onorare lβarchetipo femminile con grazia tramite la poesia: costruisce un intricato βnidoβ di filo, creando uno spazio sicuro nel quale possiamo rilassarci, protetti come se ci trovassimo in un bozzolo di seta. Racconta di βcredere nelle sorellanzeβ, ma di non sentirsi rappresentata dallβattuale mondo del femminismo. βNon ho mai subito discriminazioni da parte degli uomini. Tutto quello che ho fatto racconta di donne. Sono cresciuta in una famiglia matriarcale. In Sardegna Γ¨ normale, perchΓ© le donne sono forti e in grado di gestire la famiglia. Il pensiero della donna Γ¨ fondamentaleβ.
Il suo viaggio alla ricerca di altre storie da raccontare prosegue. Un moto perpetuo che riallaccia i pensieri di oggi al ricordo del migrare continuo di suo padre: βI miei spostamenti e viaggi mi hanno fatto crescere: andare e tornare per arricchirsi e donare anche a chi restaβ conclude.
Testo e foto di Rosita Mercatante per Davoli Zone – Portale dello Jonio